(Caserta24ore/l’Informazione cattolica) “Le femministe non rappresentano le donne ma solo la loro sottomissione al comunismo culturale se non politico, molto ben organizzato, pur se non come in passato, e che detiene la democrazia sostanziale in Italia, dominando i programmi di approfondimento televisivo, con conduttrici che addirittura tolgono platealmente l’audio a chi (anche votato da milioni di elettori) esprime concetti non condivisi. E anche quei conduttori che non si riconoscono in questa linea cultural-politica di fondo considerano il tema della 194 un tabù, temendo polemiche e conseguenze per la loro carriera televisiva. Io in Tv non potrei mai essere invitato, neppure in un dibattito con sei abortisti, troppi interessi ideologici ed economici”. Così ha dichiarato a Bologna Today l’avvocato Pietro Guerini, presidente nazionale del Comitato NO 194, comitato che è stato costituito il 18 luglio del 2009 con lo scopo di abrogare la legge sull’aborto e che da 8 anni organizza su base regionale tre ore di preghiera in tema all’esterno degli ospedali (il primo sabato dei mesi dispari), oltre a presìdi, cortei e conferenze. Per l’avvocato Guerini, uno dei più battaglieri esponenti italiani del mondo pro life e pro family, “la nascita di una figlia o di un figlio dovrebbe essere considerata il più grande regalo che una donna possa farsi e se fossi una donna consigliata di abortire non esisterei a scaricare metaforicamente a pedate chiunque per invidia, interesse economico, irresponsabilità, ideologia, comodità o altro mi desse tale consiglio. La Vita per noi assume un carattere prioritario, conclusione a cui si giunge anche ragionando secondo una visione meramente pubblica e di interesse dello Stato ad avere più giovani, che lavorino, quindi contribuenti che possano garantire il pagamento delle pensioni”. L’avvocato Guerini e il Comitato NO 194 si stanno battendo per introdurre il reato di aborto volontario “di cui devono rispondere tutti coloro che concorrono materialmente e moralmente nell’evento abortivo, con pena base dagli 8 ai 12 anni di reclusione, aggravata sino alla metà per il potenziale padre della concepita o del concepito che concorra nel delitto, che non subisce sul proprio fisico le conseguenze della decisione”.
Aborto farmacologico. Parla l’avvocato Pietro Guerini
