(di Paolo Mesolella) SPARANISE Durante la toccante manifestazione di ieri, venerdì 20 ottobre 2023, alle ore 11, nell’aula magna della Scuola Media “Vincenzo Solimene” di Sparanise dal titolo “1943 – 2023, Per non dimenticare – Sparanise ai suoi martiri” e alla quale hanno partecipato gli alunni delle classi del Liceo, del Turismo e della Scuola Media di Sparanise con il Dirigente Scolastico Cassio Izzo, l’avvocato e storico sparanisano Salvatore Piccolo, il maestro Angelo Del Vecchio, il reduce novantatreenne Agostino Feola, il comandante della Polizia Municipale Giovanni Fusco e i docenti delle due scuole tra i quali i docenti Floriana Frezza, Laura D’Angelo e Mariella Fusco del Foscolo e Francesco Ranucci, Bovenzi e Salvatore Picillo della Scuola Media, alcune alunne hanno letto delle loro riflessioni sull’eccidio nazista di Sparanise. Tra queste, le alunne Gaia Verrillo e Sofia Senese. Tutte toccanti ed interessanti. Tra queste abbiamo deciso di pubblicare la testimonianza di Sofia Senese:”
“Mi chiamo Sofia Senese e frequento il Quinto anno del Liceo delle Scienze umane di Sparanise. Per me, il 22 ottobre rappresenta, da un po' di tempo, una data particolare, una giornata che genera sensazioni confuse: un misto di rabbia e commozione. Sin da piccola, osservavo che all’interno della mia famiglia, aleggiava, in alcune occasioni, una sorta di silenzio complice e solidale, un “non detto” che chiedeva prepotentemente di diventare parola, ma che non si aveva il coraggio di narrare, forse per non turbare i sogni e la spensieratezza di una bimba. Crescendo, presa coscienza di ciò che era successo in quella terribile giornata, ho compreso l’atteggiamento serioso e taciturno del mio nonno paterno, quando puntualmente partecipava alle commemorazioni annuali che tuttora le varie amministrazioni comunali svolgono. Chi erano quei tre nomi scritti sul monumento eretto a memoria dei caduti che avevano il mio stesso cognome? Senese Antonio, Senese Achille e Senese Domenico? Essi erano gran parte della famiglia di mio nonno, rimasto orfano di padre e privato del nonno e dello zio quando aveva poco più di dieci anni, insieme ad altri sette fratelli, alcuni dei quali venuti al mondo pochi mesi prima. Quella di mio nonno e di tanti altri, è stata un’infanzia monca, priva d di una parte fondamentale della famiglia, un’infanzia e un’adolescenza vissuta nel grembo di una madre fortissima che da sola, ha dovuto rimboccarsi le maniche e col duro lavoro assicurare un dignitoso futuro ai propri figli, in un’epoca in cui per una donna e per giunta, vedova e madre, lavorare non era affatto semplice. Quali erano i pensieri che attraversavano mio nonno quando pensava a quel tragico evento? Come sarebbe stata la sua vita se avesse saltato quel giorno? Ho saputo successivamente che in quella nera giornata di ottobre gli assassini tedeschi, non si limitarono a rastrellare e ad uccidere quegli uomini, quelle donne e quei bambini inermi, ammassandoli gli uni sugli altri, ma lasciarono che alcuni di essi, non raggiunti da una morte immediata, agonizzassero per diverse ore se non addirittura per giorni. Adesso comprendo la reticenza di mio nonno nell’esprimere l’orrore, l’afasia di quel dolore incontenibile che aveva devastato la sua giovane età. Tuttavia, quei nomi, quei fatti, raccontano anche la mia storia, una storia di famiglia che per il nostro paese e la nostra comunità diventa memoria collettiva. Per questo, il testimone lasciatoci dai nostri antenati deve essere raccolto con rispetto e deve rappresentare uno sprone a capire e a far capire che quegli eventi che ci appaiono lontani, non sono estranei a quella pedagogia dell’odio che proprio in questi ultimi giorni sta riemergendo nella nostra società e ci sta restituendo una verità che spesso cerchiamo di allontanare e che ci dimostra che le cause di una ferocia così inaudita vanno cercate solo ed esclusivamente nella cattiveria umana”. Brava Sofia (n.r.).
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